Il Festival Coltivato si è aperto ufficialmente il 20 marzo con un pomeriggio dedicata al tema centrale dell’edizione 2025: l’acqua. Dopo i saluti iniziali, Maria Lodovica Gullino ha introdotto brevemente le novità del festival, tra cui l’estensione a quattro giorni e le nuove collaborazioni scientifiche. A seguire sono intervenuti esponenti del mondo istituzionale – tra cui la prof.ssa Giulia Carluccio, Pro-Rettore dell’Università di Torino, il sottosegretario . Claudia Porchietto a rappresentare la Regione Piemonte , l’assessore Francesco Tresso, a rappresentare il Comune di Torino e Fabrizio Galliati della Camera di Commercio – per sottolineare il valore del festival come spazio di cultura, divulgazione e innovazione.
Il momento centrale è stato l’intervento di Giulio Boccaletti, fisico, autore e direttore scientifico del CMCC, che ha proposto una riflessione articolata in cinque “lezioni sull’acqua”, mostrando come la gestione delle risorse idriche non sia soltanto una questione ambientale, ma profondamente culturale e politica, e ribaltando l’approccio emergenziale con cui spesso si affronta la questione idrica.
Prima lezione: l’acqua è politica
Ogni civiltà, sin dalle origini, è costruita intorno all’acqua. Dalle tavolette sumere che raffigurano il mondo tra Tigri ed Eufrate, fino alla nascita della Costituzione americana – scaturita, paradossalmente, da un accordo per gestire il trasporto di sementi lungo un canale – l’acqua è sempre stata un fattore decisivo di organizzazione sociale e decisione collettiva. “Ci stupiamo della siccità – ha osservato Giulio Boccaletti – ma la vera sorpresa è aver pensato per troppo tempo che l’acqua fosse scontata.”
Seconda lezione: ogni soluzione genera nuovi problemi
Le infrastrutture idriche del passato, nate per rispondere a necessità reali, portano con sé effetti collaterali inattesi. Bologna, ad esempio, ha costruito sotto di sé una rete di oltre 40 km di canali per portare l’acqua in città: una soluzione brillante in un contesto storico, ma che oggi contribuisce a nuove fragilità urbane. È il classico effetto domino dell’ingegneria applicata senza una visione sistemica.
Terza lezione: il mondo sta cambiando, ma le nostre infrastrutture no
Boccaletti ha criticato l’approccio che ancora oggi si affida a modelli basati su dati storici, come i cosiddetti “tempi di ritorno” di eventi estremi. Ponti, dighe e argini sono stati progettati per un clima che non esiste più, mentre il cambiamento climatico rende obsoleti gli strumenti di previsione e gestione su cui si è basata la modernizzazione del secolo scorso.
Quarta lezione: la risposta è già nella natura
Gli ecosistemi terrestri stanno reagendo attivamente all’aumento di CO₂ in atmosfera. Foreste, oceani e prati stabili assorbono oltre metà delle emissioni prodotte ogni anno dall’uomo, agendo come veri e propri regolatori naturali del clima. Ma questo assorbimento non è illimitato, né uniforme. Alcuni ambienti semi-naturali, come i prati stabili irrigati, si sono dimostrati capaci di trattenere quantità significative di carbonio, più di colture simili gestite in modo intensivo. Questi sistemi, spesso sottovalutati, rappresentano un’opportunità concreta per integrare produzione agricola e tutela climatica. La sfida è riconoscerne il valore, proteggerli e saperli orientare all’interno di una strategia più ampia di gestione del territorio.
Quinta lezione: costruire il futuro è una scelta politica
Boccaletti ha concluso con una potente riflessione storica: negli anni ’30, nel pieno della Grande Depressione, il governo degli Stati Uniti istituì la Tennessee Valley Authority (TVA), una nuova agenzia pubblica interamente finanziata con fondi federali. Il suo obiettivo era ambizioso: gestire le risorse idriche di un’intera regione per produrre energia elettrica a basso costo, regolare le piene, migliorare la navigabilità dei fiumi, attirare investimenti industriali e modernizzare l’agricoltura. Furono costruite circa cinquanta dighe, trasformando radicalmente il paesaggio e l’economia della valle. Il progetto divenne un simbolo del potenziale trasformativo dell’intervento pubblico e ispirò, negli anni successivi, modelli simili in Europa. Boccaletti ha ricordato come questa esperienza influenzò direttamente anche la nascita dell’Unione Europea: l’idea di una gestione condivisa delle risorse, come quella del bacino della Ruhr, fu alla base della nascita della CECA (Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio), ed è considerata il primo passo concreto verso la costruzione dell’Unione Europea. “I semi dell’Europa – ha detto – sono stati immersi nell’acqua di un fiume.”
L’acqua, in conclusione, non è solo una risorsa da proteggere, ma un orizzonte politico e culturale su cui costruire un nuovo modello di convivenza. Un inizio forte e ispirato per Coltivato 2025, che ha dato al festival una direzione precisa: quella dell’impegno, della consapevolezza e della responsabilità condivisa.