Il futuro del festival Coltivato, secondo Maria Lodovica Gullino

L’agricoltura è sempre divisa tra la voglia di bio e la necessità di aumentare la produzione per tenere bassi i prezzi, come si colloca il Festival in questo dibattito?

Coltivato cerca di affrontare i grandi temi senza prendere posizioni di preconcetto e sempre tenendo conto del fatto che c’è una popolazione in crescita da sfamare. Questo significa che si deve continuare a produrre di più. E meglio. E la cosa è possibile grazie all’innovazione. Con Coltivato vogliamo evitare inutili polarizzazioni. C’è spazio per tante forme di agricoltura e ognuna di esse può trovare le sue opportunità di sviluppo. Non dobbiamo dimenticare che lo sforzo principale deve essere teso a produrre cibo sano, sicuro e per tutti. Questo deve essere lo sforzo principale. Ciò non significa trascurare che ci sono spazi, soprattutto in paesi ricchi, anche per forme di agricoltura più di nicchia. La mia esperienza di ricercatore mi insegna che spesso, da forme di agricoltura di nicchia derivano tecniche poi applicabili su larga scala. È un po’ quello che succede, per restare in un campo a me caro, nella moda.  Giorgio Armani lancia capi che poche donne possono permettersi. Ma nel giro di pochi mesi Zara riprende i temi nuovi e riempie i suoi magazzini di capi molto più abbordabili. In agricoltura negli ultimi vent’anni abbiamo visto tecniche e mezzi tecnici prima utilizzati solo in agricoltura biologica, trasferiti all’agricoltura più convenzionale. È il caso di alcuni Sali (ad esempio i silicati di potassio) utilizzati per la difesa delle colture, che agiscono inducendo meccanismi di resistenza delle piante ai patogeni. Oggi questi sali, una volta compreso il loro meccanismo di azione, sono utilizzati in agricoltura convenzionale. Coltivato desidera e si sforza di affrontare temi spesso controversi in modo molto laico.  

Naturalmente si parlerà anche dei processi di trasformazione e quindi di cibo. Come sempre in Italia si finisce a parlare di mangiare perché attira pubblico o affrontate la questione in maniera differente dal solito refrain che la cucina italiana è la migliore del mondo?

Coltivato è nato per parlare di agricoltura in primis, perché tanti già parlano di cibo, ristorazione… È ovvio però che il prodotto finale, che poi spesso è il cibo che consumiamo, non può essere trascurato. Ma a noi piace parlare di cibo partendo dall’inizio, cioè dai processi produttivi. Senza dimenticare che il settore della trasformazione alimentare ha una grande importanza. E quindi, al cibo si arriva. E quando si parla di cibo si parla di sicurezza, assenza di residui di agrofarmaci e contaminanti, di diseguaglianze, di logistica e distribuzione. E si racconta anche la storia di prodotti tipici del nostro paese e della nostra cultura. Perché, non dimentichiamolo, il cibo è anche arte e cultura. 

Lei, da studiosa e ricercatrice, è sempre stata aperta alle novità, sia tecniche che industriali, ci può dire cosa l’ha colpita ultimamente e che sarà trattato nella seconda edizione di Coltivato?

Oggi è interessante valutare l’effetto della digitalizzazione in agricoltura, il ruolo dell’intelligenza artificiale nel semplificare alcuni processi produttivi, capire il livello di recepimento dell’innovazione da parte sia degli operatori che del pubblico. La seconda edizione del Festival darà ampio spazio alle imprese che operano in questi ambiti, per fare meglio comprendere ai consumatori i vantaggi e gli svantaggi delle nuove tecnologie: l’impatto sul mondo del lavoro, gli aspetti etici…

Quasi superfluo ricordare come il cambiamento climatico abbia cambiato le regole del gioco, ma come sta reagendo il settore dell’agricoltura e il suo indotto a questo stress test?

L’agricoltura subisce fortemente gli effetti del cambiamento climatico e l’Italia è uno dei paesi più sotto stress. Ma al tempo stesso l’agricoltura – e in particolare le piante – sono in grado di mettere in atto meccanismi di resilienza e adattamento formidabili. Certamente è necessario aiutare il mondo produttivo con ricerche finalizzate a aiutare gli agricoltori ad adottare tecniche colturali innovative, a modificare gli orientamenti produttivi, a risparmiare acqua, a recuperare gli scarti. La ricerca saprà produrre varietà delle colture di nostro interesse resistenti agli stress ambientali e gli agricoltori andranno accompagnati in un periodo di forte cambiamento. Da ricercatore, quale sono stata e sarò fino all’ultimo respiro, considero questo un momento esaltante, che consente di essere veramente vicini alle esigenze del mondo produttivo e che spinge a sforzarci di fare cose utili per sostenere l’adattamento al cambiamento.  

E poi ci sono i “nemici” di tutta la sua carriera professionale: patogeni, nuovi insetti e nuove malattie che minacciano le colture. Ci sono già le soluzioni?

Negli ultimi dieci anni sono stati messi a punto e condivisi molti mezzi di prevenzione: sistemi di diagnosi rapida che se utilizzati bene permettono un miglior controllo delle merci in ingresso, migliore conoscenza del problema, aggiornamento dei tecnici… Ma in un mondo globale i parassiti (dell’uomo, degli animali e delle piante) viaggiano e non conoscono confini. Ma, al tempo stesso, grazie alle molte ricerche condotte soprattutto in ambito internazionale oggi siamo più attrezzati di ieri a “captare” i problemi. Mezzi diagnostici rapidi e precisi, simili a quelli che si usano in medicina umana, ci permettono di stanare i nuovi parassiti che arrivano con le merci.  L’importante è condividere metodologie e strategie tra paesi e tra settori disciplinari diversi. Ecco perché oggi si parla di salute circolare. 

“Con i piedi per terra” è il claim del festival ed è sempre importante ricordare come tutto derivi da lì. Anche sulla terra le questioni aperte sono tante ed enormi: depauperamento del terreno, riduzione dei campi per l’alimentazione umana a favore di quella animale, i terreni inutilizzati… Coltivato se ne continuerà ad occupare?

Con i piedi per terra è un claim che sintetizza molto bene l’approccio di Coltivato.  Certamente continueremo a trattare i grandi temi su cui c’è ampio dibattito. Uno alla volta, perché non si può parlare di tutto in un singolo Festival. Nel panorama dei Festival torinesi Coltivato è del tutto nuovo e propone un tema spesso considerato marginale o, meglio, provinciale. Ma Torino è una città abituata a cogliere le sfide. E noi stiamo cercando di costruire e comprendere, anche con l’aiuto di colleghi economisti, la nostra community. Certamente gli argomenti trattati da Coltivato sono capaci di attrarre un pubblico molto variegato: studenti, tecnici del settore, pubblico in generale, di qualsiasi età… Lo stretto legame che cerchiamo di realizzare tra agricoltura e arte, tra coltura e cultura permette di parlare a un pubblico ampio. Coltivato 2025 arriverà dopo le Universiadi. Spero che sapremo anche noi “catturare” l’attenzione dei giovani.

Allora si farà Coltivato nel 2025?

Coltivato, come gran parte degli altri eventi che hanno luogo a Torino ha cadenza biennale.  La seconda edizione arriverà con la primavera del 2025. Con Antonio Pascale e tutta la squadra, che sta crescendo, stiamo già lavorando intensamente al programma. La nostra intenzione è di coinvolgere di più, rispetto alla prima edizione, scuole e imprese. E di continuare a “mischiare” coltura e cultura.

La prossima edizione del Festival Internazionale dell’Agricoltura Coltivato si terrà dal 20 al 23 marzo 2025.

L’intervista a Maria Lodovica Gullino è stata realizzata in esclusiva per il sito di Coltivato dal giornalista Luca Fiocchetti. La foto in alto è di © Matteo Montenero.