Le mondine: lavoro, emancipazione, musica tra le risaie

La storia delle mondine non è soltanto una pagina del lavoro agricolo italiano, ma un potente racconto di emancipazione femminile, resistenza e dignità. A guidarci in questo viaggio tra lavoro e musica è stata Marialuisa Ricotti, che ha ricostruito il mondo delle risaie vercellesi a cavallo tra Ottocento e Novecento.

Le mondine, giovani donne provenienti da ogni parte d’Italia, raggiungevano le risaie viaggiando su vagoni bestiame: per molte di loro, si trattava della prima esperienza lontano da casa. “Anduma ad là da Po’” dicevano, affrontando quel viaggio durissimo, con un misto di curiosità e speranza. Durante il loro periodo lavorativo, dormivano in capannoni o granai, mangiavano minestroni e lardo, lavoravano 13-14 ore al giorno, immerse nell’acqua fino alle ginocchia, strappando erbacce sotto il sole. Le malattie, i morsi di animali e la cosiddetta “febbre da riso” erano rischi quotidiani.

Ma nonostante la fatica, le mondine cantavano. Il canto era respiro, sollievo, ma anche protesta. Dalle canzoni d’amore e nostalgia si passò ai canti di lotta, che preannunciavano un cambiamento. Già alla fine dell’Ottocento iniziarono le prime rivendicazioni sindacali, con cortei di migliaia di donne, soprattutto per chiedere la riduzione dell’orario di lavoro. Il vercellese divenne un laboratorio politico attivo di resistenza. Durante il fascismo, lo spirito delle mondine non si spense, e ancora nel 1962 si lottava per gli stessi diritti richiesti decenni prima.

Con l’avvento della meccanizzazione agricola, il lavoro delle mondine scomparvero, ma la loro eredità rimane viva: tenacia, coraggio, consapevolezza di sé. Quelle donne hanno fatto molto più che trapiantare riso: hanno tracciato una linea di emancipazione che parla ancora oggi. E i loro canti – così come le loro battaglie – risuonano ancora nei campi, e nelle coscienze.