Agricoltura e cambiamenti climatici: l’intervista a Paolo Inglese

Il 22 aprile è la Giornata della Terra, ricorrenza dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del pianeta, celebrata ogni anno dalle Nazioni Unite. La data è stata istituita per la prima volta nel 1970 quando, a seguito di un appello del senatore Gaylord Nelson, 20 milioni di cittadini americani parteciparono a una manifestazione in difesa del pianeta.

Nel tempo, la Giornata della Terra è diventata un’occasione di aggiornamento e confronto sui temi legati alla sostenibilitĂ , al cambiamento climatico e alla salute della Terra. Per approfondire l’argomento, di seguito l’intervista a Paolo Inglese, realizzata in esclusiva per il sito di Coltivato dal giornalista Luca Fiocchetti.

Si sente spesso dire che il clima dell’Italia si sta tropicalizzando con conseguenze negative sulle colture vegetali tradizionali. In previsione di un’accentuazione di questi fenomeni climatici dovremmo forse cambiare quello che coltiviamo?

In realtà l’Italia si sta riscaldando, perché un clima tropicale è più caldo ma anche più piovoso. Ci stiamo inaridendo, soprattutto al sud, e in generale viviamo una variabilità climatica più accentuata nella quale i fenomeni sono diventati estremi. L’unica previsione sulle condizioni climatiche che si può fare, purtroppo, è proprio quella dell’imprevedibilità. I parassiti vanno e vengono e non rappresentano un vero pericolo perché possiamo controllarli, la vera preoccupazione per quanto riguarda il futuro delle nostre colture sono proprio i fattori abiotici, in primis il clima. Magari in futuro si potrà coltivare il mango in Sicilia, ma il cambio delle colture non avverrà certamente tra pochi anni. La certezza è che il sistema della natura troverà la sua strada per sopravvivere al cambiamento climatico, il dubbio è che ci riescano nove miliardi di persone.

Persone che comunque hanno bisogno di mangiare e la scienza e l’innovazione devono trovare delle soluzioni per fornire cibo a tutti nonostante il cambiamento climatico e i sacrosanti dettami della sostenibilità. Ma per molti mettere nella stessa frase agricoltura e scienza è ancora un tabù…

La comunità urbana vuole credere che l’agricoltura sia un mondo bucolico, presepico, puro e incontaminato e che produca cibi sani e buoni. Non accetta l’idea che per nutrire nove miliardi di persone l’agricoltura deve necessariamente essere un fenomeno industriale di massa. Per colpa del marketing, anche negli spot pubblicitari, per dare un’atmosfera di passato e tradizione, non si vedono mai macchinari né tecnologia nei campi, che invece sono la regola. Questa è una grande illusione del mondo urbano, una storia che ci si racconta per autoassolversi. L’agricoltura ha bisogno di innovazione e di tecnologia, non di questa immagine patinata.

La seconda edizione di Coltivato si avvicina, qual è il contributo che questo Festival può dare al complesso sistema dell’agricoltura e quindi alla nostra alimentazione?

Costruire consapevolezza nella città di cos’è veramente il sistema agricolo, questo deve essere lo scopo di Coltivato. Una consapevolezza non fatta da sindacati o da bandiere gialle o da una ruralità inventata dal marketing, ma dalla sua grande professionalità che è fondata su scienza, tecnologia e ricerca. Ed è essenziale che si svolga in una città, perché è proprio lì che bisogna portare consapevolezza e informazione su agricoltura e alimentazione.

Ospite di Coltivato 2023, Paolo Inglese ha dato voce al Fico d’India nell’intervista impossibile realizzata da Antonio Pascale.